FOBIA e PAURA
Paura e fobia sono la stessa cosa? Chi ha paura di qualcosa significa che è fobico?
Facciamo chiarezza: Paura e Fobia sono due cose diverse!
La paura è un’emozione primaria universale; essa consiste nella risposta psicofisiologica dell’organismo di fronte ad uno situazione-stimolo oggettivamente e potenzialmente dannosa che implica la mobilitazione di risorse (psico-fisiche) per fronteggiare tale eventuale pericolo (attacco o fuga). Per tale ragione, la paura ha una funzione evolutiva e adattiva legata alla sopravvivenza.
Diversamente, la fobia è una paura sproporzionata rispetto allo stimolo reale (non oggettivamente pericoloso) e pertanto disadattiva per l’organismo.
La fobia è definibile come una paura marcata, persistente, irrazionale e sproporzionata rispetto alla reale pericolosità dell’oggetto o della situazione. La persona riconosce l’irragionevolezza della paura tuttavia non riesce a controllarla, evitando sistematicamente la situazione-stimolo temuta. Essa comporta un certo grado di disagio e disadattamento per l’individuo. La persona che soffre di fobia è terrorizzata dall’idea di venire a contatto con l’oggetto o la situazione fobica; questo timore eccessivo si manifesta attraverso sintomi fisici come il senso di soffocamento, la sudorazione eccessiva, la tachicardia, la nausea, le vertigini, nausea e tremori. La risposta comportamentale a tale eccessiva paura è l’evitamento o la fuga da tutte le situazioni o condizioni associate alla situazione/oggetto fobico.
L’evitamento costituisce l’elemento chiave che rinforza il meccanismo fobico; ogni evitamento o allontanamento dalla situazione fobica conferma alla persona la pericolosità di quest’ultima rinforzando l’associazione: pericolo → situazione fobica → evitamento → aumento della reazione fobica → aumento degli evitamenti → generalizzazione delle situazioni fobiche ⇒ circolo vizioso. A livello cognitivo la persona attiva schemi di reazione disfunzionali (un insieme organizzato di credenze e aspettative negative legati alla pericolosità dello stimolo). E’ proprio l’attivazione prolungata di questi schemi in presenza o in associazione dello stimolo fobico che determina il loro consolidamento e quindi l’evitamento dello stimolo in un circolo vizioso che si autoalimenta. Ciò che la persona tenta di evitare nel tempo non è più tanto l’oggetto in sè quanto le reazioni psicofisiologiche negative ad esso associate (paura della paura). Tuttavia, molte comuni paure per oggetti, situazioni o animali non inficiano il funzionamento soggettivo a tal punto da giustificare una diagnosi di Fobia Specifica. Infatti, se la paura non interferisce significativamente con il funzionamento personale e sociale dell’individuo o non causa disagio marcato soggettivo non è possibile fare diagnosi. Ad esempio, se una persona manifesta una forte paura dei serpenti ma vive in un luogo dove essi non sono presenti e pertanto le sue attività quotidiane non vengono limitate da tale paura ed essa dunque non comporta un intenso disagio, non viene diagnosticata la fobia specifica. Di conseguenza, la diagnosi è appropriata solo quando i comportamenti di evitamento, la paura o l’ansia anticipatoria rispetto ad uno stimolo fobico (situazione, oggetti, animali, ecc.) interferiscono significativamente con lo svolgimento delle attività (personali, lavorative e sociali) di vita quotidiana e quando la sintomatologia persistere da almeno 6 mesi prima della diagnosi di fobia specifica.
CARATTERISTICHE DELLE FOBIE
- La persona manifesta paura marcata, persistente e irragionevole, provocata dalla presenza o dall’attesa di un oggetto o situazione specifici!
- La persona riconosce che la paura è eccessiva o irragionevole!
- L’esposizione allo stimolo fobico provoca quasi invariabilmente una risposta ansiosa immediata, che può prendere forma di un attacco di panico provocato dalla situazione!
- La situazione fobica è evitata oppure sopportata con ansia e disagio intensi!
- L’evitamento, l’ansia anticipatoria o il disagio nella situazione temuta interferiscono significativamente con il funzionamento personale, lavorativo, sociale o relazione!
COME NASCONO LE FOBIE?
Le fobie possono derivare sostanzialmente da tre meccanismi:
- ESPERIENZA TRAUMATICA: l’esposizione ad alcune situazioni o oggetti possono essere vissute come esperienze negative o traumatiche e determinare un attaggiamento di eccessivo timore ed evitamento di tutte le situazioni/oggetti che ricordano, anche solo vagamente, l’evento traumatico.
- CONDIZIONAMENTO CLASSICO: esperienze di apprendimento errato involontario, sostanzialmente frutto di un processo di “condizionamento classico”, per cui la persona associa ad un oggetto/situazione un carattere di pericolosità (non oggettiva). Questo apprendimento associativo si consolida attraverso il meccanismo di evitamento sistematico rispetto alla situazione temuta, generando il circolo vizioso fobico.
- APPRENDIMENTO OSSERVATIVO: apprendimento di risposte di paura/allarme nei confronti di certe situoazioni/oggetti a seguito dell’osservazione di tale comportamento da parte di altre persone. Sostanzialmente la persona apprende indirettamente risposte di paura, allarme ed evitamento osservando gli altri. Questo tipo di meccanismo solitamente si apprende nell’infanzia, per cui il bambino apprende ad avere paura di certi stimoli da genitori o familiari che manifestano eccessive reazioni di allarme rispetto a determinate situazioni/oggetti (es. la paura per certi animali come ad esempio i cani).
TIPI DI FOBIE
Le fobie possono essere distinte in fobie generalizzate (agorafobia e fobia sociale) riguardanti una rande varietà di situazioni e fobie specifiche circoscritte a specifici situazioni/oggetti, solitamente meno invalidanti delle prime.
FOBIA SOCIALE
La fobia sociale è caratterizzata dalla paura persistente di trovarsi in situazioni sociali in cui si è esposti al giudizio negativo degli altri; la persona teme in modo eccessivo e spesso razionalmente infondato di essere umiliata, apparire ansiosa e imbarazzata risultando stupida, debole o inadeguata. La persona teme che le proprie “prestazioni” (esecuzione di compiti quotidiani soggetti al giudizio altrui, come mangiare o parlare in pubblico) la possano esporre a giudizi negativi da parte degli altri. Spesso anche semplicemente essere osservati o avere l’attenzione degli altri in situazioni sociali può cuasare molto disagio poichè essi potrebbero notare sintomi ansiosi (come ad esempio arrossire, sudare o tremare) e giudicare negativamente la persona. In generale, le persone che soffrono di fobia sociale temono enormemente tutte le situazioni non familiari in cui potrebbero dire o fare cose imbarazzanti che li farebbero giudicare come ansiosi, impacciati, stupidi, incompetenti, strani, goffi, deboli o “pazzi”. Esempi di pensieri tipici ssono: “Ora apparirò goffo, impacciato…inizierò a tremare e sudare…gli altri se ne accorgeranno e rideranno di me o mi considereranno stupido o debole”). Le situazioni specifiche più comunemente temute sono: parlare in pubblico, andare a una festa, scrivere o firmare davanti a qualcuno, fare file, usare il telefono in pubblico, mangiare di fronte ad altri, usare mezzi di trasporto pubblici. L’esposizione alle situazioni sociali genera un’ansia significativa che interferisce negativamente sulle attività quotidiane. Pertanto, tali situazioni sono generalmente evitate o vissute dall’individuo con particolare disagio. In alcuni casi l’esposizione alla situazione temuta o anche solo la sua anticipazione futura può scatenare un attacco di panico.
L‘agorafobia è caratterizzata dalla paura di trovarsi in situazioni o luoghi dai quali sarebbe difficile scappare o ricevere soccorso nel caso di attacco di panico.
Le fobie specifiche possono riguardare diversi oggetti, animali, cose e situazioni e perciò esse sono distinte essenzialmente in fobie:
- Tipo animali: ad esempio cani (cinofobia), gatti (ailurofobia), ragni (aracnofobia), topi, rettili, uccelli (ornitofobia), ecc.
- Tipo ambiente naturale: ad esempio altezze (acrofobia), temporali (brontofobia), buio (scotofobia), acqua (idrofobia), ecc.
- Tipo situazionale: situazioni specifiche come mezzi di trasporto, tunnel, ponti, ascensori, luoghi chiusi o aperti, volare, guidare.
- Tipo sangue-iniezioni-ferite: sangue (emofobia), aghi, siringhe, procedure mediche ecc.
QUANDO E’ NECESSARIO CHIEDERE AIUTO AD UNO SPECIALISTA?
Tutti possono soffrire di paure temporanee e passeggere nel corso della propria vita e ciò non sognifica essere fobici. Le fobie si distinguono dalle semplici paure perché sono irrazionali, incontrollabili, persistenti, sproporzionate rispetto al reale stimolo e non scompaiono di fronte alla verifica della realtà. Inoltre, la fobia è contraddistinta dal comportamento di evitamento dell’oggetto/situazione fobica. Pertanto una paura non è sempre una fobia!
Dunque, quando è necessario richiedere l’aiuto di uno psicologo-psicoterapeuta?
-Quando si riconosce che la paura è eccessiva e irrazionale e determina un comportamento di evitamento tale da condizionare le abitudini e lo stile di vita!
-Quando l’oggetto o la situazione temuti si incontrano frequentemente nella vita quotidiana e interferiscono con il funzionamento personale e sociale!
In sostanza, quando la paura compromette il funzionamento personale, sociale o lavorativo dell’individuo causandogli disagio e alterazione del comportamento è bene rivolgersi ad uno specialista! L’evitamento prolungato conduce all’instaurarsi del pericoloso circolo vizioso da cui possono derivare sintomi depressivi. Prendere consapevolezza di avere una fobia e non una semplice e tollerabile paura è già un primo passo importante! Accettare di non essere in grado superarla di da soli, e che ciò non costituisce una debolezza, è il secondo grande passo che conduce a consultare uno specialista.
COME SI CURANO LE FOBIE?
Il trattamento psicologico delle fobie attraverso un percorso di tipo cognitivo-comportamentale è relativamente breve (4-5 mesi) e prevede l’utilizzo di alcune tecniche come l’esposizione progressiva sistematica e la tecnica di rilassamento. La tecnica di esposizione graduata prevede il progressivo avvicinamento della persona agli stimoli temuti, partendo dagli stimoli/situazioni meno ansiogeni a quelli più ansiogeni. Generalmente l’esposizione avviene prima in immaginazione (attraverso immagini mentali) e successivamente in vivo (esposizione reale). La progressiva esposizione segue una gerarchia di situazioni/stimolo prestabilita che paziente e terapeuta costruiscono insieme. L’esposizione allo stimolo fobico dura fino a quando la reazione di paura e ansia non decrescono, ovvero finché la persona non si abitua (principio abituazione) e sono ripristinati i normali livelli di attivazione psicofisiologica (arousal). Solo quando la persona è in grado di tollerare la paura associata ad una situazione/stimolo è possibile passare allo situazione gerarchicamente più ansiogena sino ad arrivare alla situazione di massima paura. A questo punto l’esposizione viene ripetuta fintanto che la situazione/stimolo da fobica non diventa “neutra” ovvero non più associata a convinzioni di pericolosità e a reazioni fobiche. La tecnica di esposizione può essere associata a quella di rilassamento, insegnando alla persona a rilassarsi ed applicando tale rilassamento mentre si espone alla situazione/ stimolo fobico. In tal modo la risposta di paura e ansia vengono progressivamente sostituite da una risposta di rilassamento. La psicoterapia interviene sui processi psico-fisiologici che mantengono la fobia nel qui ed ora, cercando di interrompere il circolo vizioso che alimenta il problema e che tende a cronicizzarlo, ristrutturando gli schemi disfunzionali, cioè modificando le credenze e le aspettative negative, sostituendole con altre più positive ed agendo conseguentemente anche sul piano delle risposte comportamentali e fisiologiche associate allo stimolo fobico.